LA VERDESCA

LA VERDESCA

Lo squalo verdesca è pericoloso?

La verdesca è uno degli squali più diffusi al mondo e che di tanto in tanto si avvicina alla costa.

La verdesca, conosciuta anche come squalo azzurro o blu, è tra le specie più comuni e diffuse al mondo, anche nelle acque del Mediterraneo e in Italia. Appartiene alla stessa famiglia del grande squalo bianco, quella dei carcarinidi, e nuota principalmente nelle acque aperte e superficiali, spesso accompagnata dai pesci pilota con cui ha un rapporto simbiontico.

Di tanto in tanto si avvicina però alla costa, dove non di rado viene avvistata da bagnanti e imbarcazioni, per cui viene spontaneo da chiedersi: può essere pericolosa per l’uomo?

La verdesca (Prionace glauca) è uno squalo longilineo, con la testa molto appuntita ed estremamente agile che può raggiungere anche i 3,5 metri di lunghezza e pesare oltre 300 kg. Si tratta quindi di un predatore piuttosto grande e con una grossa bocca dotata di denti triangolari, obliqui e seghettati, come molte altre specie di squali. I margini dentellati aiutano lo squalo strappare la carne più facilmente, che di soli è però rappresentata da piccoli pesci e calamari.

È noto che le verdesche tendono a seguire le imbarcazioni e l’uomo incuriosite e attratte dai pesci, ciononostante sono squali poco aggressivi e abbastanza docili che di certo non riconoscono i bagnanti come una potenziale preda.

Solitamente, infatti, gli incontri con questi squali non rappresentano un pericolo se ci si trova vicino alla costa, poiché gli unici attacchi davvero confermati e noti in tutto il mondo sono sempre avvenuti in mare aperto.

Si tratta in ogni caso di eventi estremamente rari se non eccezionali, basta pensare che secondo l’Università della Florida tra il 1580 e il 2013 sono appena 13 gli attacchi di verdesca verificati, di cui solamente quattro rivelatisi poi mortali.

Come altri squali è dotato di numerosi denti triangolari e seghettati che possono causare ferite anche gravi

Con tutta probabilità, inoltre, come confermato da uno studio recentemente pubblicato sul Journal of The Royal Society Interface, gli squali mordono gli umani quasi sempre per sbaglio, scambiandoli per prede o, nel caso della verdesca, per capire se si tratta di qualcosa di commestibile. Quelli dello squalo azzurro sono quindi “morsi esplorativi” e non veri attacchi intenzionali, ma considerando la potenza del morso e i denti affilati le conseguenze possono essere molto serie.

Per cui sì, anche se si tratta di un’eventualità estremamente rara, le verdesche possono rappresentare un potenziale pericolo per l’uomo ma, capovolgendo il punto di vista, siamo certamente noi la vera minaccia per gli squali. Nelle nostre acque le verdesche hanno infatti subito un calo numerico spaventoso del 75% negli ultimi decenni, in particolare nello Ionio, mentre nell’Adriatico si riscontra un declino meno importante.

Prendendo in considerazione l’intero bacino del Mediterraneo il calo raggiunge addirittura il 97%, rendendo così la verdesca una delle specie di squalo a maggiore rischio estinzione nel Mare Nostrum. Anche se la pesca è ufficialmente vietata in Italia, le catture illegali o quelle accidentali e involontarie, il cosiddetto bycatch, sono purtroppo ancora molto numerose.

ANNEGAMENTO

ANNEGAMENTO

Cos’è l’annegamento e come avviene: capire per prevenire

L’annegamento è una delle principali cause di morte accidentale nel mondo. È un evento improvviso e spesso silenzioso, che può verificarsi in mare, piscina, fiumi o anche in poca acqua. Comprendere cosa accade realmente durante un annegamento è fondamentale per prevenirlo e intervenire tempestivamente.

Annegamento primario: quando tutto avviene in pochi secondi

L’annegamento primario si verifica quando una persona inala acqua nei polmoni. Spesso è causato da un incidente: crampi, corrente, panico o malore. Lo spasmo della laringe blocca le vie respiratorie e impedisce di respirare, causando ipossia, perdita di coscienza e rischio di morte in pochi istanti.

Silenzioso e rapido: i falsi miti sull’annegamento

L’annegamento non è come nei film: è silenzioso. La vittima non riesce a chiamare aiuto né a muoversi in modo efficace. I segnali sono sottili: sguardo perso, braccia ferme, posizione verticale. Riconoscerli è vitale per intervenire in tempo.

Annegamento secco: una condizione rara ma da conoscere

A volte lo spasmo laringeo continua anche fuori dall’acqua, impedendo la respirazione. Anche chi sembra stare bene subito dopo il salvataggio può peggiorare rapidamente. È essenziale tenere la persona sotto osservazione e chiamare i soccorsi se ci sono dubbi.

Annegamento secondario: quando i sintomi arrivano dopo

L’annegamento secondario si manifesta ore dopo aver inalato una piccola quantità d’acqua. Provoca infiammazione e accumulo di liquidi nei polmoni. Sintomi: tosse persistente, respiro corto, stanchezza, confusione. Se presenti, serve assistenza medica urgente.

Cosa fare in caso di annegamento

  • Chiama i soccorsi immediatamente (118 in Italia).
  • Metti in sicurezza te stesso prima di soccorrere.
  • Rimuovi la persona dall’acqua con cautela.
  • Valuta coscienza e respirazione. Se assenti, avvia la RCP.
  • Alterna 30 compressioni toraciche a 2 insufflazioni finché non arriva aiuto.

Prevenzione: la chiave per salvare vite

  • Non nuotare mai da soli o in acque non sorvegliate.
  • Sorveglia sempre i bambini, anche in piscina.
  • Evita tuffi in acque sconosciute o dopo pasti pesanti.
  • Non entrare in acqua sotto effetto di alcol o farmaci.
  • Indossa dispositivi salvavita in barca o sport acquatici.
  • Impara il primo soccorso e la rianimazione cardiopolmonare.

L’annegamento può avvenire in pochi secondi. Conoscere i segnali e agire con prontezza può salvare vite. Parlarne significa fare prevenzione.

ANNEGAMENTO SECONDARIO

ANNEGAMENTO SECONDARIO

Parliamo di annegamento.

Ma di un aspetto dell’annegamento molto più infimo e pericoloso di quello “classico”: l’ANNEGAMENTO SECONDARIO.

L’annegamento primario avviene immediatamente dopo aver inalato acqua nei polmoni e si manifesta subito dopo un incidente acquatico. In questo caso la respirazione della vittima si blocca per colpa dell’acqua inalata oppure per uno spasmo della laringe che chiude completamente le vie aeree. Ma tutto questo avviene subito!

L’ANNEGAMENTO SECONDARIO invece è un fenomeno che si manifesta anche molto tempo dopo l’incidente acquatico (anche 72 ore dopo). Praticamente l’acqua inalata si deposita nei polmoni e li vi rimane (senza causare all’inizio particolari problemi respiratori). Questo causa però una risposta del nostro sistema respiratorio che cercherà di espellere l’acqua. Se non trattato tempestivamente, questo processo (che può durare anche 72 ore) può portare ad edema polmonare.

I BAMBINI SONO I PIÙ ESPOSTI A QUESTO FENOMENO (per la particolare conformazione del loro sistema respiratorio).

Quindi se siete stati vittime di un incidente acquatico risolto senza particolari problemi, ma avete inalato acqua (anche poca), recatevi comunque in PS. Una semplice rx toracica può scongiurare gli effetti dell’ANNEGAMENTO SECONDARIO

COLPO DI CALORE

COLPO DI CALORE

COLPO DI CALORE

Il colpo di calore è provocato da condizioni ambientali di temperatura elevata (a partire da 35°C), ridotta ventilazione e, soprattutto, elevata umidità (maggiore del 60-70%) che non consentono all’organismo di disperdere il calore in eccesso tramite la sudorazione (termoregolazione) e di mantenere la temperatura del corpo intorno ai 37 gradi centigradi (37°C). Se, ad esempio, l’umidità è molto elevata, il sudore evapora più lentamente e il calore corporeo non viene eliminato come dovrebbe. Quando ciò accade, ad esempio durante le ondate di calore, la temperatura del corpo aumenta troppo (ipertermia) causando potenziali danni alla salute. L’ostacolo all’evaporazione del calore rende il caldo umido, a parità di gradi, maggiormente percepito rispetto al caldo secco.

Se nonostante tutte le precauzioni sopra descritte dovessero comparire uno o più disturbi (sintomi) come, ad esempio, malessere generale, elevata temperatura corporea (febbre), nausea, sete intensa, crampi, confusione mentale, svenimento è bene chiamare al più presto il proprio medico curante, la guardia medica o i numeri di soccorso sanitario (118).

Nell’attesa:

trasportare la persona in un luogo fresco e ventilato, distenderla con le gambe sollevate rispetto al resto del corpo, raffreddare il corpo e il capo, usando panni bagnati o immergere il corpo in una vasca di acqua fresca (ma non troppo fredda), mantenere calma la persona, perché l’ansia aumenta ulteriormente la temperatura, non strofinare il corpo con l’alcol, perché potrebbe raffreddarlo troppo rapidamente e provocare uno sbalzo termico pericoloso, fare bere acqua non troppo fredda a piccoli sorsi o bevande arricchite di sali minerali non somministrare farmaci per abbassare la febbre (antipiretici), senza aver consultato il medico

DISTORSIONE – SLOGATURA -FRATTURA

DISTORSIONE – SLOGATURA -FRATTURA

DISTORSIONE – SLOGATURA – FRATTURA

 

Quando siamo in spiaggia è quasi impossibile star fermi ed evitare di andare incontro ad eventi traumatici.

Gli esiti più frequenti sono le contusioni, le distorsioni, le fratture e le lussazioni.

La contusione è una lesione dei tessuti sottocutanei, caratterizzata dalla formazione di un ematoma (livido) nei muscoli o nelle ossa, senza escoriazioni o ferite sulla cute.

La distorsione è una lesione originata da un movimento non fisiologico di una delle articolazioni, caratterizzata dallo spostamento, istantaneo e parziale, dell’articolazione dalla sua naturale collocazione.

Per frattura si intende una piccola crepa presente su una delle ossa del piccolo. È caratterizzata da dolore locale, gonfiore e impossibilità del movimento e infine per lussazione si intende uno spostamento, persistente e completo, dell’articolazione dalla sua naturale collocazione. La lussazione avviene se c’è un movimento articolare non fisiologico.

COSA NON FARE

  • Eseguire qualunque tipo di azione con un’articolazione dolente, con lividi (ecchimotica) e gonfia (edematosa); 
  • Muovere un osso di cui si sospetta la frattura; 
  • Tentare di ridurre una lussazione. 

COSA FARE

In caso di trauma lieve o moderato, con tumefazione e lividi locali di modesta entità: 

  • Applicare sempre ghiaccio; 
  • Tenere l’articolazione a riposo. In genere la persona infortunata si metterà già in una posizione antalgica (posizione in cui sentirà meno dolore) quindi non tentiamo di spostarla o muoverla a meno che non sia in imminente pericolo.

In caso di dolore locale intenso, difficoltà nel movimento, deformità scheletriche o articolari, tumefazioni e lividi locali di modesta entità: 

  • Immobilizzare la parte colpita con stecche e fasciature; 
  • Portare la persona infortunata in Pronto Soccorso per valutazione ed eventuale radiografia; 
  • Nei traumi gravi allertare SEMPRE i Soccorsi Avanzati (118) e attenderne l’arrivo.
COLPO DI SOLE O INSOLAZIONE

COLPO DI SOLE O INSOLAZIONE

Colpo di sole o insolazione

Se sei sotto al sole a picco e cominci ad avvertire; mal di testa, forte senso di nausea, vertigini e spossatezza, allora probabilmente hai un COLPO DI SOLE o INSOLAZIONE.

Il colpo di sole è un insieme di disturbi che insorgono dopo un’esposizione diretta, eccessiva e prolungata ai raggi del sole del corpo. Si tratta di un’evenienza grave, in quanto all’azione del calore sull’intero organismo si aggiungono gli effetti delle loro radiazioni ultraviolette (UVB e UVA) e infrarosse sulla superficie del capo e sui vasi cerebrali, che si manifestano con cefalea e vertigini, seguite da sintomi più severi, come malessere generale, nausea e convulsioni, fino allo stato confusionale ed alla perdita di coscienza.

Chi è colpito da insolazione: Avverte mal di testa e spossatezza: è possibile attuare le misure di primo soccorso (accompagnare la persona in un luogo fresco, lasciarlo sdraiato e fare spugnature con acqua fresca, non gelata), se perde i sensi, occorre prestare primo soccorso e chiamare immediatamente il 118.

Segnali a cui prestare attenzione

Per evitare gli effetti più negativi dei colpi di sole è indispensabile cogliere (o riconoscere in chi ci sta accanto) i primi segnali d’allarme. La persona colpita da insolazione si sente tipicamente confusa e lamenta forte dolore al capo. Al contempo, si manifestano irrequietezza, malessere, battito cardiaco accelerato, pelle calda al tatto, sudorazione eccessiva e vertigini.

PUNTURA DA MEDUSA

PUNTURA DA MEDUSA

Puntura di Medusa: cosa si sente dopo il contatto?

Al primo contatto tra pelle e medusa, si percepisce un forte bruciore. Subito dopo, la superficie cutanea coinvolta diventa rossa e compaiono dei piccoli pomfi (rigonfiamenti della cute), simili a quelli dell’orticaria. Il dolore associato a quest’irritazione comincia ad attenuarsi dopo una ventina di minuti, lasciando spazio ad un intenso prurito.

Quali sintomi comporta?

La puntura di medusa provoca una reazione infiammatoria caratterizzata da:

Rossore localizzato (eritema); Rilievi cutanei (pomfi); Vescicole e bolle; Dolore; Bruciore; Formicolio e intorpidimento; Prurito.

Se la puntura di medusa coinvolge più del 50% del corpo, questa sintomatologia può essere estremamente intensa e l’intensità del dolore può diventare insopportabile. Di solito, la sensazione urente si risolve dopo circa 10-20 minuti, ma resta il prurito.

Va ricordato che l’effetto della puntura di medusa dipende dalla suscettibilità individuale (alcune persone sono maggiormente predisposte a sviluppare reazioni gravi), dalla specie in questione, dal tempo di permanenza in acqua e dall’area geografica dell’incidente.

Cosa FARE

Se si entra accidentalmente in contatto con una medusa e non si fosse proprio riusciti ad evitare la sua puntura, è possibile neutralizzarne gli effetti con alcuni semplici accorgimenti:

Allontanarsi con calma ed uscire dall’acqua

Nel caso si venga sfiorati da una medusa mentre di sta nuotando al largo, è bene non fare movimenti scomposti, cercando di allontanarsi (per quanto possibile, senza agitarsi). Se non si è riusciti a evitare l’animale e la sua puntura, raggiungere la riva, dove, se necessario, è possibile chiedere aiuto a qualcuno.

In caso di puntura di medusa, sciacquare ripetutamente la parte colpita con acqua di mare molto calda, in modo da diluire le tossine rilasciato dai tentacoli non ancora penetrate nella pelle. Evitare, invece, l’acqua dolce perché potrebbe favorire la rottura delle cnidocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle ed aumentare il dolore della vittima.

Finché i tentacoli e gli eventuali residui della medusa aderiscono alla pelle, continuano a rilasciare veleno, quindi vanno prontamente asportati.

Per rimuovere le parti rimaste attaccate alla superficie cutanea occorre armarsi di pazienza e di una tessera di plastica rigida (es. carta di credito) o di un coltello (non dalla parte della lama).

Se subentrano altri disturbi (reazione cutanea diffusa, nausea, vomito, sudorazione profusa, mal di testa, pallore, vertigini, disorientamento e difficoltà respiratorie) è bene cercare un tempestivo intervento medico. In alcune persone particolarmente sensibili, infatti, la puntura di una medusa può innescare una reazione allergica o, peggio, uno shock anafilattico. In questi casi, la tempestività di intervento è fondamentale.

Cosa NON fare

Dopo una puntura di medusa, occorre evitare il peggioramento dei sintomi e fare attenzione a non incappare in alcuni comuni errori:

Non strofinare o grattare la parte, dopo la puntura di medusa, cercare di resistere alla tentazione di grattare la parte colpita. Cedere a questa reazione istintiva significa rompere le eventuali cnidocisti residue, liberando ulteriore veleno. In seguito alla puntura di medusa, fare attenzione a non toccare occhi e bocca.

Non affidarsi ai rimedi della nonna, ma applicare un prodotto a base di cloruro di alluminio

I rimedi della nonna, come ammoniaca, urina, limone, aceto e alcol, potrebbero ulteriormente infiammare la parte colpita dalla puntura di medusa.

Per lenire il prurito, è meglio ricorrere ad una crema o un gel a base di cloruro di alluminio, meglio se ad una concentrazione del 5%. Questo prodotto è reperibile in farmacia e serve a lenire il prurito ed a bloccare la diffusione delle tossine.

SINCOPE DA APNEA PROLUNGATA

SINCOPE DA APNEA PROLUNGATA

Parliamo di un tipico incidente in acqua la SINCOPE DA APNEA PROLUNGATA: un nuotatore perde coscienza sott’acqua a causa di un eccessivo e volontario prolungamento dell’apnea. Sott’acqua ci sono alcuni campanelli di allarme che ci avvertono della necessità di respirare di nuovo. Il primo è “psicologico”: chi non è abituato a nuotare in apnea e trattenere a lungo il respiro, sente quasi subito il bisogno di riemergere (molto prima dell’effettivo bisogno di respirare di nuovo). Il campanello che “suona” invece è attivato dalla riduzione dell’ossigeno del sangue (ipossia) e soprattutto dall’aumento della pressione dell’anidride carbonica che dà un chiaro segnale che ci si sta avvicinando al punto oltre il quale l’apneista perderà coscienza. Questo segnale (anticipato dalla cosiddetta “fame di aria”) sono le contrazioni (involontarie) dei muscoli respiratori e del diaframma (CONTRAZIONI DIAFRAMMATICHE). Se sentite questo “segnale” riemergete immediatamente. Perché oltre, dopo un breve periodo di falso benessere in cui si ha come l’impressione di non aver più bisogno di respirare, sopraggiunge la sincope e si perde conoscenza!

ATTENZIONE poi all’IPERVENTILAZIONE prima dell’apnea. L’iperventilazione è una pericolosa tecnica respiratoria utilizzata per resistere sott’acqua più a lungo. Si tratta di quelle profonde inspirazioni in serie che tutti noi abbiamo fatto prima di un’apnea. Ecco, NON FATELE!!!! Perché così facendo, è vero che si abbassa momentaneamente il livello di anidride carbonica nel sangue (aumentando quello di ossigeno), ma si ritarda anche l’unico segnale che abbiamo che ci avverte del momento di respirare di nuovo. Si disattiva in sostanza l’unico campanello di allarme che il nostro corpo “suona” (quello delle contrazioni diaframmatiche), spostandolo oltre il punto in cui è molto alto il rischio di perdere conoscenza sott’acqua per ipossia (mancanza di ossigeno), che giunge quindi senza avvertimento. Quindi NON IPERVENTILATE MAI prima di un’apnea!!